Perché acquistare un SSD, tutti i vantaggi

I sistemi operativi si sono evoluti negli anni richiedendo macchine sempre più performanti per poter essere utilizzati in maniera fluida.

Se per il tanto amato Windows XP bastava una macchina Pentium 4 mono core e 2-3 GB di RAM per poter avere un PC molto veloce, con Windows Vista abbiamo capito l’importanza dei software capaci di sfruttare l’architettura multi core. Windows 7 ci ha letteralmente aperto un mondo nuovo abituandoci ai sistemi operativi a 64 Bit (anche se sarebbe più giusto dire che stava continuando una tendenza avviata, con scarso successo a causa della scarsa compatibilità con i software a 32 Bit, da Windows Xp e Windows Vista) capaci di sfruttare al meglio l’architettura multi threading (cioè un’architettura in cui ad ogni core della CPU possono corrispondere più thread di calcolo) e permettendoci di poter sfruttare macchine con più di 4 GB di RAM.

Windows 8, 8.1 e soprattutto 10 ci hanno invece posto davanti ad un nuovo collo di bottiglia: la velocità dei dischi. Questi sistemi operativi hanno bisogno di dischi incredibilmente veloci per poter essere utilizzabili al meglio e in un’era in cui la reattività è divenuta fondamentale nel mondo del lavoro, se già dischi in grado di girare a 15000 giri al minuto risultano essere lenti in fase di caricamento del sistema operativo o in fase di apertura del software installato, è arrivata una nuova tecnologia in grado di aiutarci.

Stiamo parlando degli SSD, acronimo di Solid State Drive, cioè “dischi allo stato solido”. Tecnicamente tale definizione è sbagliata in quanto non esistono più componenti interni quali dischi, testine e cilindri ma, essendo dei dispositivi di archiviazione a larga capacità,  stanno sostituendo in sempre più casi i classici dischi meccanici.

Gli SSD hanno molti vantaggi rispetto agli hard disk e, sotto molti punti di vista, riescono ad uscire facilmente vincitori in un confronto diretto tra le due tecnologie. Nei prossimi paragrafi andremo a vedere perché questa tecnologia è, a nostro avviso, la tecnologia di archiviazione del futuro

 

Archiviazione solida e duratura

Un SSD è strutturalmente più resistente di qualsiasi hard disk, in quanto non ci sono parti in movimento come testine di lettura/scrittura o piatti rotanti. È teoricamente possibile far cadere un SSD da un’altezza di 1-1,5 metri (alzi la mano a chi è già successo di far cadere a terra un hard disk esterno mentre lo riponeva nella borsa o dalla scrivania) senza che si rompa o diventi illeggibile. Se dovesse succedere la stessa cosa ad un hard disk, questo probabilmente subirebbe un guasto meccanico alle testine o ai piatti con il risultato di aver perso i nostri dati.

In molti forum e blog su internet viene spesso ERRONEAMENTE detto che gli SSD hanno un ciclo di vita limitato rispetto ad un HDD (che invece può durare “in eterno”) a causa del numero ristretto di cicli di lettura/scrittura eseguibili sulle celle di memoria flash: questo non è vero per due motivi:

  1. Anche gli HDD hanno un numero di cicli di lettura/scrittura limitati, quindi almeno a livello teorico entrambi hanno uno ciclo di vita limitato
  2. Come per ogni oggetto contenente parti meccaniche in movimento, queste ultime sono soggette a usura or ottura, si evince quindi che “l’aspettativa di vita” di un SSD che non ha queste arti al suo interno possa essere virtualmente più lunga.

Per capire meglio la realtà dei fatti, basta pensare che Seagate stima da 2 a 4 anni il ciclo di vita dei suoi prodotti della linea Barracuda Pro da 2.5″ (come ad esempio il Segate ST500LM034 o il ST1000LM049, unità da 2.5″ e 7200 RPM rispettivamente da 500 GB e 1 TB) mentre Kingston stima in 1 milione di ore (circa 114 anni!) il ciclo di vita della sua serie consumer SSDnow UV400 (serie che comprende SSD con capacità da 120 a 960 GB).

 

Dischi silenziosi, con basso consumo energetico e senza bisogno di raffreddamento

Non avendo parti in movimento, viene da sé che gli SSD non producono alcun rumore durante la lettura o la scrittura di dati e che hanno un assorbimento energetico più basso rispetto agli HDD.

Gran parte degli SSD di ultima generazione richiedono un massimo di 3,5 Watt lavorando a pieno regime e meno di 01, Watt in stato IDLE. Per capire meglio la differenza, ci basta pensare che un HDD ha un assorbimento medio compreso tra 0.7 e 1.5 watt in stato IDLE e riesce a scendere a 0.5 Watt solo se messi in pausa (cioè se i piatti rotanti vengono spenti per motivi di risparmio energetico dal sistema operativo).

Sempre per lo stesso motivo, cioè perchè non contengono parti meccaniche, gli SSD scaldano meno rispetto agli HDD: questi ultimi contengono motorini elettrici utilizzati per far girare i piatti e componenti che, seppur minimamente, producono attriti durante il lavoro.

 

Prestazioni più alte con minore latenza

Gli SSD riescono a sfruttare pienamente la velocità dei controller SATA 3, cioè riescono a occupare completamente il canale a 6 GBPS scrivendo i dati in maniera sequenziale. 

Ma che differenza c’è tra scrittura sequenziale e casuale? Per capirlo bisogna pensare al fatto che, per ogni operazione di scrittura il sistema operativo dovrà preparare il cluster per la scrittura, comunicare al controller l’indirizzo di memoria del cluster appena preparato ed infine scrivervi i dati. Una volta finito, nelle scritture casuali, il sistema operativo dovrà poi scegliere un nuovo cluster in maniera randomica per poi ripetere le operazioni da capo. Nelle operazioni di tipo sequenziale invece il sistema sceglierà il primo cluster, lo preparerà, lo comunicherà al controller e, mentre vi scrive, potrà già procedere a preparare il cluster adiacente senza dover comunicare questo dato al controller stesso. Di conseguenza le operazioni di scrittura sequenziali saranno più veloci in quanto salteranno molte operazioni rispetto ai processi di tipo sequenziale e il risultato sarà un throughput nettamente più alto.

Windows scrive in maniera non sequenziale su disco, di conseguenza avere un disco a cui il controller riesce ad accedere più velocemente, come nel caso degli SSD, è un fattore cruciale per ridurre i tempi di caricamento e la latenza tra un’operazione di scrittura dei dati e l’altra.

Francesco Summa